Fotovoltaico, scorporo variabile

Fonte: Italia Oggi

Per lo scorporo del valore del terreno ai fini dell’ammortamento dell’impianto fotovoltaico, si applica la percentuale del 20% se l’impianto fotovoltaico non è autonomamente accatastato, ma è installato in un immobile non industriale. Infatti, solo se l’impianto si qualifica come bene immobile autonomamente accatastato si deve scorporare il valore del terreno utilizzando la percentuale del 30%, mentre in tutti gli altri casi è necessario verificare la destinazione dell’immobile cui afferisce l’impianto. È quanto emerge dalla lettura della circolare n. 36/2013, emanata dall’Agenzia delle entrate a chiarimento della disciplina fiscale degli impianti fotovoltaici. In particolare, nel paragrafo 6 del predetto documento di prassi, l’Agenzia, nel ricordare che ai beni immobili si rende applicabile la disciplina dello scorporo dell’area, quale costo indeducibile, precisa che ai fi ni del calcolo delle quote di ammortamento dell’impianto deducibili, si deve aver riguardo al costo complessivo sostenuto per l’impianto stesso, al netto del costo dell’area. Quest’ultimo è determinato, in conformità a quanto già sostenuto nella circolare n. 1/E/2007, in misura pari al maggiore tra il valore dell’area separatamente esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello ottenuto forfettariamente in misura pari al 20% o, per i fabbricati industriali, al 30% del costo complessivamente sostenuto per l’immobile, comprensivo dell’area stessa. Secondo l’Agenzia, si legge nella circolare n. 36/E, «gli impianti fotovoltaici costituiscono fabbricati industriali, in quanto destinati alla produzione del bene energia mediante la conversione delle radiazioni solari,a prescindere dalla classificazione catastale», con conseguente applicazione della percentuale di scorporo del 30%. Tuttavia, tale conclusione si rende applicabile solamente nell’ipotesi in cui l’impianto fotovoltaico costituisca bene immobile autonomamente accatastabile, che si verifica, in base agli stessi chiarimenti contenuti nella circolare n. 36/E, quando lo stesso costituisca una centrale di produzione di energia elettrica censibile nella categoria D/1 o D/10. A differenti conclusioni, invece, si deve pervenire laddove l’impianto fotovoltaico sia posto nel tetto di un edificio, ovvero sull’area di pertinenza del fabbricato, nel qual caso, come precisato dalla stessa Agenzia, è necessario procedere con una dichiarazione di variazione catastale che può determinare l’incremento della rendita catastale dell’immobile su cui è installato, senza che ne muti la destinazione (ipotesi che si realizza in presenza di un aumento della redditività o del valore capitale dell’immobile pari o superiore al 15%). In tal caso, tuttavia, l’impianto fotovoltaico non realizza un’unità immobiliare autonoma, bensì costituisce una sorta di bene «accessorio» del fabbricato già esistente su cui è stato installato. Pertanto, lo scorporo del valore dell’area, quale costo indeducibile nel calcolo dell’ammortamento del fabbricato, andrà eseguito utilizzando la percentuale forfettaria del 20% o del 30% in funzione della natura del fabbricato cui l’impianto si riferisce. Per esempio, se l’impianto fotovoltaico è stato installato sul tetto di un immobile di categoria C, utilizzato quale magazzino per lo stoccaggio di merci, e quindi per un’attività non industriale, lo scorporo deve continuare a essere eseguito utilizzando la percentuale del 20% anche successivamente all’installazione dell’impianto fotovoltaico, poiché lo stesso non costituisce bene immobile autonomamente censibile, bensì bene «accessorio» all’unità immobiliare già esistente. In altre parole, la verifica della natura di bene immobile dell’impianto fotovoltaico non sta a significare automaticamente che lo stesso costituisca un fabbricato industriale, poiché è necessario distinguere l’ipotesi in cui lo stesso costituisca un bene immobile autonomo, e come tale censibile in categoria D/1 o D/10, ovvero come parte accessoria di un immobile già esistente, nel qual caso «arricchisce» il valore del bene già esistente ma non lo trasforma in fabbricato industriale, mantenendo l’immobile stesso la natura già esistente prima dell’installazione dell’impianto.

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