Emergenza Province: strade o scuole insicure? Saranno chiuse

Strade o scuole provinciali qualora insicure saranno chiuse. Questo l’annuncio (nella tempesta) del presidente dell’UPI (Unione province d’Italia), Achille Variati, intervenendo a Bologna ai lavori del seminario sullo stato delle finanze delle Province.
“I servizi che non possono più essere svolti, perché le strade mettono a rischio gli automobilisti o le scuole non sono sicure, saranno chiusi, – spiega il numero uno delle Province – non possiamo essere noi a prenderci colpe delle scelte sbagliate di Governo e Parlamento che non hanno voluto assicurare con la manovra le risorse necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini”.
In seconda battuta Variati spiega che dal 2013 al 2016 le entrate delle Province sono scese del -43% e la spesa complessiva si è quasi dimezzata, arrivando a -47%. L’82% delle entrate proprie vengono sottratte dai territori e trattenute nel bilancio dello Stato, invece di finanziare, come prescritto dall’articolo 119 della Costituzione, i servizi locali.

Province: un quadro scoraggiante

“Un quadro scoraggiante – rileva Variati – che oltre a rappresentare chiaramente lo stato di crisi finanziaria delle Province dimostra come da tre anni a questa parte ci sia stato impedito di fare programmazione. La nostra capacità di investimento è crollata del 62% e il patrimonio pubblico che gestiamo, 130mila chilometri di strade e tutte le 5.100 scuole superiori italiane, si sta deteriorando in maniera pericolosa”.
Inoltre Variati aggiunge: “Per questo motivo giovedì prossimo in Conferenza Stato-Città non intendiamo dare l’intesa sulla ripartizione dei fondi del tutto insufficienti riservati dalla manovra alla sicurezza di strade e scuole. Non vogliamo abituarci, come qualche volta ci sembra di cogliere nei nostri interlocutori istituzionali, a navigare tra le macerie”.

Leggi anche l’articolo L’enigma del Governo delle Province alla luce del referendum costituzionale.

Emergenza Province: casse vuote, servizi da garantire

Anche in un articolo del quotidiano La Stampa dello scorso 17 giugno, dal titolo esemplificativo “Province con le casse vuote”, si anticipano le condizioni di quello che viene definito lo sfascio delle Province “che nel frattempo hanno perso 20mila dipendenti, sono rimasti pur sempre 5.179 edifici scolastici (70% senza certificato di prevenzione incendi), ben 130mila chilometri di strade e almeno 30mila tra ponti, viadotti e gallerie. In base alle rilevazioni dell’UPI già oggi circa 5mila chilometri di arterie sono chiuse per frane, crolli o smottamenti e su almeno il 52% della rete gli enti sono stati costretti ad inserire un limite di velocità di 30 o 50 chilometri all’ora motivando ragioni di sicurezza. Interventi disperati che in alcuni casi adesso sono impediti perché le amministrazioni non sono nemmeno più in grado di sostenere i costi della segnaletica che si renderebbe necessaria”.  Ora l’ultima manovra stesa dal Governo concede alle Province 170 milioni, ma c’è ancora un mezzo miliardo da coprire: “Abbiamo strade talmente disastrate che sembrano quelle di Kabul – spiega Variati -. Credo che il Paese meriti qualcosa di più e la politica, quella grande, deve rendersi conto che se non riesce a dare risposte è come se costruisse l’autostrada dell’antipolitica”.

Il punto di vista dell’Udicon

Anche l’Udicon (Unione per la difesa dei consumatori) è intervuta a seguito delle dichiarazioni rilasciate in dal Presidente Nazionale dell’UPI. Prima di arrivare a tale epilogo è necessario fare qualcosa di concreto ed in maniera rapida. “È arrivato il momento di assumersi le proprie responsabilità – dichiara il Presidente Nazionale Udicon, Denis Nesci – le Province sono chiaramente in difficoltà, visti i tagli statali addirittura in aumento. La Costituzione parla di aiutare i servizi locali, non di affossarli.” – continua Nesci. “È inaccettabile continuare a rimanere in questa situazione, le strade così come le scuole non possono essere minimamente un pericolo per la vita dei cittadini, ad oggi le Province non hanno abbastanza risorse, lo Stato deve prendere  in mano la situazione”.

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