Duplicazione inutile delle fatture Iva

Fonte: Il Sole 24 Ore

Tra le tante difficoltà create agli enti pubblici dallo split payment, la maggiore riguarda senza dubbio l’obbligo di distinta contabilizzazione delle fatture d’acquisto a seconda della loro destinazione all’attività istituzionale oppure a quella commerciale.

Una volta trattenuta ai fornitori, l’Iva sulle fatture istituzionali deve essere annotata nella sola contabilità finanziaria, e a regime va versata entro il 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile (di regola all’atto del pagamento), senza possibilità di compensazione con altri importi per imposte a credito. Quanto alle fatture d’acquisto a destinazione commerciale, invece, l’articolo 5 del Dm del 23 gennaio scorso ne richiede l’annotazione in un registro a debito (registro delle fatture di vendita o dei corrispettivi) entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile; del debito Iva emergente dal registro Iva a debito, gli enti pubblici devono poi tenere conto in sedi di liquidazione periodica dell’Iva.
Secondo la circolare 15/E/2015, la distinta annotazione delle fatture d’acquisto è esclusivamente finalizzata «a semplificare gli adempimenti, consentendo al soggetto pubblico di operare il versamento [dell’Iva splittata su fatture a destinazione commerciale] nel quadro della ordinaria liquidazione Iva».

Questa seconda finalità, di natura finanziaria, è volta favorire lo smobilizzo dei crediti maturati dagli enti nel corso degli anni. Il fatto è, tuttavia, che lo stesso risultato può già oggi essere raggiunto attraverso la compensazione del credito Iva, resa possibile da una dichiarazione Iva munita di visto di conformità.

Quanto alle finalità di semplificazione, il risultato finale è stato l’opposto. La necessità di dover distinguere fin da subito le fatture d’acquisto a seconda della loro destinazione (istituzionale o commerciale) si scontra spesso con le difficoltà operative derivanti da una micidiale combinazione di mancanza di tempo e mancanza di informazioni a disposizione circa l’effettiva destinazione delle fatture.

Senza contare, poi, le successive difficoltà legate all’attivazione di nuovi registri sezionali Iva, alla numerazione delle fatture nell’ordine del registro sezionale Iva a debito, ai calcoli connessi alle liquidazioni Iva e, ultimo ma non meno importante, alla necessità di ripartizione dei costi destinati ad un utilizzo promiscuo; per questi ultimi, la circolare 15/E/2015 richiede una suddivisione in base a criteri oggettivi, che tuttavia non è sempre facile individuare.

Dato dunque atto che la manifestazione di disponibilità dell’amministrazione finanziaria è risultata alla fine controproducente, occorrerebbe che essa fosse riorientata verso obbiettivi di reale semplificazione. In questa direzione si muoverebbe una riformulazione del decreto di gennaio volta a consentire agli enti pubblici la facoltà di gestire lo split payment in modo unitario, come se tutti gli acquisti riguardassero l’unica attività (istituzionale) svolta, senza alcuna commistione con la gestione Iva delle attività commerciali.

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