Dopo la fiducia è stato approvato alla Camera il decreto salva Roma ter

Voto col brivido per il “decreto salva Roma ter”. Il decreto, dopo aver ottenuto la fiducia, è passato ieri alla Camera con 279 sì, un contrario e un astenuto, ma solo dopo essere passato sotto le forche caudine della mancanza del numero legale: provocata dall’assenza di 104 deputati al primo voto per poi avere il via libera al secondo, in tarda serata (> IL TESTO).
Il provvedimento ora passa quindi al Senato, ma tra le polemiche, scoppiate subito nell’emiciclo, tra M5s e Pd. Ecco di seguito l’identikit del salva Roma ter. Un provvedimento dai numerosi aspetti ma che sostanzialmente si regge su due pilastri: l’introduzione della Tasi (Tassa sui servizi indivisibili) e Tari (Tariffa sui rifiuti), all’interno dell’architettura sulla finanza locale che parte dall’introduzione della Iuc, l’Imposta unica comunale; e le misure per il ripristino dell’equilibrio finanziario del bilancio di Roma.

Il decreto Salva Roma, approvato dalla Camera dopo un voto di fiducia, supera così al terzo tentativo lo scoglio principale in vista della sua conversione in legge, programmata per il 5 maggio prossimo. Numerose le novità introdotte, anche grazie ai circa 600 emendamenti visionati in un lungo passaggio alle Commissioni riunite finanze e bilancio. La novità più recente, proposta dal governo, riguarda la data per il pagamento della Tasi prima casa, fissata entro il 16 dicembre, escamotage utilizzato per sostenere i tanti comuni che saranno oggetto a maggio della tornata elettorale e che evidentemente non potranno deliberare le aliquote e le detrazioni prima del 31 maggio.
Tutto ciò nel continuo confronto con l’Imu, nel rispetto dell’impegno preso dal governo con i sindaci, che prevede che il carico fiscale sui comuni non dovrà superare il regime del 2012. Saranno esenti dal tributo gli immobili posseduti dallo Stato, allo stesso modo di quelli di regioni, province e comuni.

L’altro pilastro fondamentale del decreto è la situazione debitoria di Roma, regolato dall’articolo 16.
Due le modifiche di rilievo apportate al testo: lo slittamento da 90 a 120 giorni per la presentazione del piano triennale per il riequilibrio strutturale di bilancio, che dovrà essere trasmesso al Ministero dell’economia, a quello dell’Interno, alle Camere e alla Corte dei conti (che tuttavia non potrà dare alcune parere preventivo).
Nel contesto generale dell’andamento finanziario delle città il testo prevede inoltre che per il 2014 il fondo di svalutazione crediti, superiori ai 5 anni, non possa essere minore del 20% (era del 30 in precedenza).
Norma, questa, che è stata valutata molto positivamente dai sindaci, che sono tenuti a fare degli accantonamenti per salvaguardare i conti rispetto ai residui attivi, che sono spesso difficili da esigere e che sono stati utilizzati da più di un’amministrazione per la messa a punto dei bilanci. Tutto ciò nel tempo ha provocato però l’innalzamento incontrollato dei debiti, cosa che è accaduta in molti comuni, anche di grandi dimensioni.
Questa modifica al d.l. è stata dai più denominata come “alva Milano” e, a quanto si è appreso a margine dei lavori delle Commissioni bilancio e finanze, l’emendamento sarebbe stato presentato dall’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni.
Per quanto riguarda l’aumento dello 0,8 per mille dell’aliquota Tasi, destinato principalmente a creare le risorse da destinare alle detrazioni per le famiglie numerose, è stata bocciata in sede di esame delle Commissioni una proposta volta alla creazione di un prospetto ad hoc avente lo scopo di ‘certificare’ la destinazione delle quote incassate a seguito dell’aumento delle aliquote.

Ma più in generale il decreto opera una maggiore flessibilità delle tariffe Tarisemplifica le normative sulle addizionali comunali e migliora la contrattazione decentrata. Su questo fronte il d.l. ha migliorato le prospettive delle Lsu, visto che è stata concessa la possibilità a comuni, regioni e società partecipate di poter saldare i pagamenti arretrati relativi agli anni 2010-2013, salvaguardando le amministrazioni anche dal rischio dell’insorgere di possibili contenziosi.

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