Dirigenza ai segretari senza nuovi costi

Fonte: Il Sole 24 Ore

Con una sentenza del 17 ottobre 2013, il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto l’appartenenza dei segretari comunali e provinciali alla dirigenza della Pubblica amministrazione, una questione che da tempo interessa la categoria.

Sulla vicenda sono già apparse le prime repliche dell’Aran (si veda l’articolo pubblicato sul Sole 24 Ore del 29 ottobre), che alludono a pesanti conseguenze finanziarie e meritano qualche ulteriore considerazione. La decisione trae origine dal ricorso presentato dall’Unione nazionale dei segretari comunali e provinciali (il sindacato più rappresentativo della categoria) che si era vista esclusa dalla negoziazione per il rinnovo del Ccnl di categoria per il quadriennio 2006-2009. Il Tribunale ha confermato la tesi del sindacato, in base a un’ampia serie di indici normativi, a partire dalle stesse procedure di selezione dei segretari tramite concorso pubblico, con l’acquisizione di un’abilitazione concessa dalla «Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione».

L’aspetto principale che è preso in considerazione, però, attiene alle funzioni esercitate in base al Testo unico e ad altre fonti più recenti (legge anticorruzione). Nella dettagliata ricostruzione normativa, il giudice dimostra che al segretario è stato affidato un ruolo sempre più rilevante di coordinamento dei dirigenti e di garanzia di «buon andamento», per un’amministrazione efficiente, trasparente e vicina al cittadino: un ruolo che richiede evidentemente un’adeguata qualificazione professionale e una collocazione apicale all’interno della struttura.

Appare chiara, quindi, l’intenzione del legislatore di assimilare la figura professionale dei segretari alla dirigenza della Pa, anche se in un’area autonoma di contrattazione.

Alle disposizioni normative sopra indicate (che la sentenza definisce «precise» e «inequivocabili») si aggiunge la disciplina contrattuale, anch’essa significativa, applicabile in caso di mobilità tra pubbliche amministrazioni: sarebbe quanto meno illogico che il segretario, se accedesse alla mobilità, lo facesse da dirigente, senza esserlo. Non appaiono peraltro condivisibili i timori dell’Aran sugli effetti della sentenza, a meno di voler rimettere in discussione la regolarità delle procedure finora seguite e degli atti adottati.

È incomprensibile, inoltre, la considerazione che l’inquadramento dei segretari all’interno della classe dirigenziale della Pa possa produrre un aumento di spesa, perché in realtà la loro retribuzione resta quella prevista contrattualmente. La sentenza non introduce alcuna novità neppure con riferimento all’istituto del «galleggiamento» che consente al segretario, indipendentemente dalla sua categoria di appartenenza, di avere un trattamento economico non inferiore al dirigente che lo stesso coordina: questo istituto, riguardando solo la retribuzione di posizione, è da sempre pacificamente applicato anche nei piccoli Comuni, naturalmente con riferimento non ai dirigenti ma ai responsabili titolari di posizione organizzativa.

Dalla sentenza non deriva dunque alcuna spesa a carico della finanza pubblica.

Al contrario, il giudice si è basato proprio sull’ordinamento già esistente (normativo e contrattuale). La sentenza serve semmai ad aiutare i segretari a svolgere il loro ruolo in modo proficuo per gli enti e per le comunità locali.

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