Da maggio 80 euro in più: il piano di Renzi

La misura, probabilmente, più clamorosa annunciata da Renzi al termine del Consiglio dei Ministri è quella di mettere nelle tasche degli italiani mille euro in più all’anno, ovvero a 80 euro in più al mese.

Dovrebbero beneficiare dell’aumento in busta paga circa dieci milioni di italiani, tanti sono quelli che hanno un reddito lordo fino a 25mila euro annui, ovvero circa 1.500 euro netti al mese. Ovviamente, dato che si parla di buste paga, godranno dell’aumento i lavoratori dipendenti o assimilati quali, ad esempio, i co.co.co.

Gli 80 euro in più in deriveranno da un’azione congiunta di aumento delle detrazioni e, probabilmente, di rimodulazione delle aliquote. Attualmente, tuttavia, il C.d.M. si è limitato ad approvare una relazione. Il provvedimento vero e proprio dovrà consistere in un decreto emanato dal governo.

Non è del tutto chiaro se e come saranno trovate le risorse per finanziare la misura. Renzi ha spiegato che i tre miliardi di euro di risparmi previsti dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli rappresentano una stima prudenziale. Dal taglio della spesa pubblica se ne possono ottenere fino a sette. Altre risorse potrebbero provenire, in linea del tutto teorica, dalla possibilità di ampliare il tetto al rapporto deficit/ Pil, attualmente al 2,6 per cento e, quindi, sotto la soglia del 3.
Diversi miliardi di euro potrebbero venire dalla minor spesa per interessi legata al calo degli spread e, infine, ci si aspetta che la misura di sblocco dei crediti alle imprese da parte delle p.a. favorisca l’economia reale e, di conseguenza, l’aumento del gettito fiscale (> la bozza di ddl sui debiti della p.a.).

Analizzando in particolare i 10 miliardi di tagli all’Irpef che a partire dal prossimo mese di maggio “appesantiranno” le buste paga dei lavoratori dipendenti italiani con un reddito inferiore ai 25.000 euro, quasi 9 miliardi verranno spesi per fare nuovi acquisti. 
A dirlo è la Cgia di Mestre, giunta a questo risultato analizzando i dati relativi alla propensione media al consumo delle famiglie degli operai e degli impiegati che beneficeranno dei tagli dell’Irpef.

Se le famiglie interessate dalla sforbiciata dell’Irpef manterranno una propensione al consumo media individuata sulla base dell’ultima indagine campionaria che, secondo la Banca d’Italia, è pari all’88,6 per cento, dei 10 miliardi in più che questi italiani riceveranno in busta paga, 8,86 saranno spesi per fare nuovi acquisti, mentre i restanti 1,14 miliardi verranno risparmiati (*).

Quali saranno i settori che beneficeranno di questa ripresa dei consumi?

Innanzitutto gli alimentarie le bevande – fa sapere il segretario della CGIA Giuseppe Bortolussi -. La spesa per questo settore aumenterà di oltre 2,3 miliardi di euro. Altri 2 miliardi interesseranno i trasporti e quasi 1,3 miliardi gli altri beni e servizi che includono gli acquisti dei prodotti e dei servizi per la cura della persona, ipasti fuori casa, alberghi, ecc. L’abbigliamentoe le calzature registreranno un aumento pari a 670 milioni, mentre i mobili e gli elettrodomesticiper la casa un incremento di 588 milioni di euro”.

Dalla CGIA ricordano che i consumi delle famiglie rappresentano la principale componente del nostro Pil. Nel 2013 i consumi hanno rappresentato il 60 per cento della ricchezza prodotta in Italia (935 miliardi di euro correnti a fronte di un Pil di 1.560 miliardi di euro correnti).

Dall’inizio della crisi alla fine del 2013 – segnala Giuseppe Bortolussi – i consumi delle famiglie italiane al netto dell’inflazione sono crollati del 7,6 per cento. Ciò vuol dire che la spesa, in valore assoluto, è diminuita di 66,5 miliardi di euro. A subire la contrazione più forte sono stati i beni durevoli: tra il 2007 e il 2013 la contrazione è stata del 28,1 per cento. Renzi – conclude Bortolussi –ha fatto bene a lasciare più soldi in tasca ai redditi più bassi. Solo rilanciando la domanda interna abbiamo la possibilità far ripartire la nostra economia, aiutando anche i lavoratori autonomi, gli artigiani, i commercianti e ipiccoli imprenditoriche vivono quasi esclusivamente dei consumi dei territori in cui operano”.

(*) è chiaro che l’analisi si basa su un’ipotesi puramente teorica che con questi soldi in più le famiglie interessate mantengano la stessa propensione ai consumi e la stessa tipologia di spesa emerse nell’ultima rilevazione effettuata dalla Banca d’Italia

Stima dell’impatto sui consumi di un aumento delle detrazioni per lavoro dipendente pari a 10 miliardi di euro

(1) Spese relative alla manutenzione (ordinaria e straordinaria). Non sono stati considerati i canoni di affitto (compresi quelli figurativi). 
(2) Acquisto di mezzi di trasporto, spese di gestione dei mezzi di trasporto, carburanti, biglietti e abbonamenti a mezzi pubblici e privati. 
(3) Prodotti e servizi per la cura della persona, alberghi, pasti fuori casa, bigiotteria e orologi ecc.

NOTE 
La stima è stata costruita individuando una propensione media al consumo delle famiglie che dovrebbero beneficiare della nuova detrazione per redditi da lavoro dipendente (operai e impiegati; famiglie con redditi complessivi appartenenti ai quintili centrali della distribuzione del reddito familiare e riconducibili alla platea di lavoratori dipendenti beneficiari dei provvedimenti; la propensione al consumo che è stata presa in esame, 88,6%, è inoltre in linea con la propensione al consumo del terzo quintile di reddito familiare definito dalla Banca d’Italia: da 21.089 € a 29.257 €). La ripartizione della spesa aggiuntivaè stata definita a partire dal comportamento di spesa di una famiglia a tre componenti non considerando, tuttavia, i canoni di affitto (compresi quelli figurativi), i consumi energetici relativi alla casa e i tabacchi.

La contrazione dei consumi delle famiglie italiane dalla crisi in poi

(^) Si tratta di valori depurati dall’inflazione utilizzando il deflatore del Pil (milioni di euro concatenati al 2005). Il dato relativo al 2013 (811,7 miliardi di euro) differisce dall’importo riportato nel testo del comunicato (935 miliardi), perchè il primo è espresso in termini reali, mentre il secondo include anche l’inflazione.

NOTE 
BENI DUREVOLI: ad esempio apparecchi per uso domestico, radio e televisori, strumenti ottici e fotografici, orologi, autovetture, motocicli e biciclette, altri mezzi di trasporto, mobili, gioielli e oreficeria e strumenti musicali. 
BENI NON DUREVOLI: ad esempio prodotti alimentari, tabacco, articoli in tessuto, editoria, stampa e supporti registrati, prodotti farmaceutici, detergenti, articoli sportivi, giochi e giocattoli. 
BENI SEMIDUREVOLI: comprende beni come i capi di abbigliamento, le calzature, i libri.

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