Ancora irrisolto il rebus Iva-Tia

Fonte: Il Sole 24 Ore

MILANO – Gli appassionati del genere non temano. L’ennesimo capitolo, scritto dalla manovra correttiva che sarà votata oggi in Senato, non chiude la vicenda della tariffa ambientale adottata da 1.200 comuni, e bocciata l’anno scorso dalla Corte costituzionale. Nemmeno la versione finale del maxiemendamento corregge la previsione del decreto originario, che sbaglia mira e non risolve il problema aperto dalla sentenza costituzionale. Per capire il problema bisogna ripercorrere la vicenda dall’inizio. Circa 1.200 comuni hanno adottato negli anni la tariffa d’igiene ambientale prevista dal decreto Ronchi (Dpr 22/1997); nel 2009, con la sentenza 238, la Corte costituzionale ha stabilito che la tariffa è in realtà un tributo, esattamente come la vecchia Tarsu, e che di conseguenza non può essere accompagnata dall’Iva. Conseguenze: le richieste di rimborso dell’Iva non dovuta sono già partite, potrebbero interessare 16 milioni di italiani e mettere in moto una partita da un miliardo di euro. Per correre ai ripari, in parlamento si sono confrontate diverse ipotesi, fino a che ha prevalso l’idea di dire per legge l’esatto contrario di quanto sostenuto dalla Corte costituzionale. È nato così l’articolo 14, comma 33 della manovra correttiva, in cui si stabilisce che la natura della tariffa «non è tributaria », e che le controversie sui pagamenti vanno risolte davanti al giudice ordinario. Nella fretta, però, il legislatore ha sbaglia-to tariffa: la nuova norma si riferisce infatti a quella prevista dal codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006), che dopo quattro anni è ancora in attesa dei decreti attuativi e quindi non è applicata nei comuni, mentre la querelle su Iva e dintorni si era accesa sulla “vecchia” tariffa, quella prevista dal decreto Ronchi, l’unica oggi in vigore. Qui-ndi? Le richieste di rimborso non trovano nessun ostacolo nella nuova norma, e non trovano soluzione i problemi dei 1.200 comuni che dovrebbero riportare in bilancio entrate e soprattutto uscite legate alla gestione del servizio (finché la Tia era una tariffa, era tutto esternalizzato). Anche se avesse azzeccato la Tia giusta, comunque, una legge che di fatto nega una sentenza costituzionale non avrebbe alzato un argine solido contro il contenzioso, che sarebbe potuto ripartire immediatamente coinvolgendo di nuovo i giudici delle leggi.

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