Alta tensione sul sito di stoccaggio

Fonte: Il Sole 24 Ore

Apriti cielo. La mappa delle possibili collocazioni del deposito per i residui atomici, pubblicata ieri in esclusiva dal Sole 24 Ore, ha innescato la slavina prevedibile di dichiarazioni indignate e di comunicati stampa furenti. Chi vuole il generoso centro ricerche e il superbo parco tecnologico con annessi ben due stoccaggi di rifiuti nucleari? (Un deposito per le scorie a breve e media radioattività e uno per i residui a lunga attività). Le risposte possono essere riassunte con la locuzione «non qui». Ma a qualcuno piace il progetto. Quaranta tra aziende e istituzioni – anche colossi dell’energia – sarebbero interessate a entrare nel centro ricerche e deposito atomico, non come costruttori ma soprattutto per aprirvi laboratori e attività di studio. Oggi pubblichiamo una mappa ancora più dettagliata dei luoghi ritenuti idonei secondo i criteri dell’Aiea adottati dalla Sogin, la società pubblica del nucleare, sulla base degli stessi standard che erano stati utilizzati dalla task force dell’Enea nel 2003 e dal gruppo di lavoro stato-regioni nel 2008. Rispetto alla cartina di ieri, nella mappa di oggi è stato adottato un criterio aggiuntivo di selezione scelto dalla Sogin: l’impianto avrà bisogno di 300 ettari, e così le zone indicate sul disegno qui a destra sono solamente quelle che hanno un’area di almeno 300 ettari. Qui ci sono i 52 comuni della lista finale. Perché tanta emotività contro il progetto? Per Stefano Saglia, bresciano, sottosegretario allo Sviluppo economico, i comuni che si candideranno a ospitare gli impianti avranno vantaggi appetitosi. «L’idea del parco tecnologico è una felice intuizione perché il deposito delle scorie derivanti dalle attività nucleari diventa un polo molto attraente». Ci sono molte esperienze di successo nel mondo. «La Sogin ha potuto seguire quanto hanno fatto per esempio in Francia, Spagna e Olanda, dove gli impianti sono luoghi frequentati da visitatori e affollati di ricercatori. Il progetto della Sogin parla di un grande laboratorio di ricerca in cui saranno anche ricoverate le scorie ma dove soprattutto si esercita un’attività scientifica e divulgativa di forte attrazione, come testimonia il caso dell’uisine nucléaire di Le Hagues, in Francia, visitata da migliaia di persone al giorno». La Sogin ha condotto il suo lavoro di analisi con tempismo perfetto. «La legge dava tempo fino al 23 settembre perché la Sogin completasse lo studio, e la società ha svolto perfettamente il suo ruolo – aggiunge Saglia – come aveva sottolineato il ministro a interim dello Sviluppo economico, Silvio Berlusconi, nella lettera in cui spiegava che la data di consegna non è prerentoria. La mappa, cioè la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee, dovrà essere esaminata dall’agenzia della sicurezza nucleare e sarà sottoposta alla valutazione ambientale strategica. Poiché non si possono ancora svolgere queste due tappe fondamentali, va da sé che il documento – specifica il sottosegretario – è una tappa del percorso, e se l’agenzia cambierà i criteri l’elenco potrebbe dare risultati diversi». Il problema da affrontare non è solamente per le centrali future. «Stiamo lavorando a un progetto che purtroppo tarda da 20 anni. Il programma nucleare del governo ha permesso di riaprire la ricerca di una soluzione per un problema non risolto in 20 anni: oggi l’eredità nucleare e le scorie radioattive che si generano da attività industriali e sanitarie è distribuita fra moltissimi depositi sparsi per l’Italia. Il progetto del deposito nazionale ha un aspetto innovativo – aggiunge Saglia – e cioè che quando sarà completato l’iter di selezione metteremo in competizione i territori che vorranno ospitare gli impianti. Il parco tecnologico e il deposito producono occupazione di alta qualità, e non solo per la costruzione (500 persone per 10 anni) ma anche perché la località diverrà una piccola capitale della ricerca». La strategia nucleare del governo – un documento agile – è sostanzialmente pronta e la sua ufficializzazione formale dipende dall’insediamento dell’agenzia di sicurezza nucleare. Il prossimo Cipe potrebbe anche delineare le scelte tecnologiche da adottare per le centrali, ovvero i reattori Epr della francese Areva (per i progetti di EdF ed Enel) e probabilmente la tecnologia statunitense Westinghouse (per la cordata di Eon con Gaz de France Suez); escluse forse altre soluzioni, come i reattori canadesi Candu oppure i Vver russi. Una veloce selezione dei commenti di ieri rischia di essere ripetitiva: se ne sceglie qualcuno. Ecco le regioni più coinvolte: «Mi opporrò a ogni ipotesi di nucleare», sbotta il presidente della Toscana, Enrico Rossi; «Avranno la più civile, pacifica e partecipata reazione popolare della storia pugliese», aggiunge Nichi Vendola dalla Puglia; «Nulla verrà fatto senza la condivisione dei territori interessati», dice più conciliante il presidente della Basilicata Vito De Filippo; in Lazio insorgono tra gli altri anche i dipietrini e Sinistra ecologia libertà. Protestano per la segretezza dei dati la Legambiente e Greenpeace. Più sereno il leghista piacentino Stefano Cavalli: «Chi, come me, è di Caorso, sa bene quanti problemi e preoccupazioni derivano dall’abitare in prossimità di queste istallazioni, ma la scelta dei siti non sarà imposta dall’alto ma concordata con regioni e comuni».

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