Ai padani il trasloco non interessa per nulla

Fonte: Italia Oggi

Della Lega, di Umberto Bossi, dei leghisti si può pensare tutto il male che si crede. Probabilmente non si riuscirà mai a misurare a sufficienza i disastri da loro combinati, sul piano civile e morale, predicando la disunione d’Italia, la secessione, l’indipendentismo, la stessa nozione di una prima insussistente Padania, esaltando forme di razzismo infraitaliano. Va tuttavia riconosciuta loro un’indubbia capacità di percepire esigenze profonde, spesso incomprese dagli altri partiti, cominciando dalla cosiddetta questione settentrionale. Ebbene, proprio perché captano gli umori della gente (anche se spesso le loro risposte sono sbalestrate), come mai i leghisti sono andati a infognarsi nella faccenda del decentramento dei ministeri? Guardiamo i pro e i contro. A favore c’è soltanto l’entusiasmo di alcune migliaia di ferventi leghisti, che sottoscrivono il progetto di legge. Un entusiasmo, a dir la verità, timidamente espresso a Pontida, come ha notato Ignazio La Russa: «i militanti leghisti si sono scaldati su altri passaggi dell’intervento di Bossi, ma sui ministeri sono stati assolutamente freddi». C’è, in aggiunta, l’indifferenza di milioni di cittadini “padani”, i quali non saprebbero che farsene di uffici burocratici, che puzzerebbero di tradizione romana. Soprattutto, ci sono l’ostilità di molti fra gli alleati del Pdl, la dichiarata e palese avversione del capo dello Stato, l’irrisione della stampa avversa, l’ira dei romani. Le proposte avanzate affogano nell’incongruenza quando non nel ridicolo. Hanno già trovato il rifiuto del capo dello Stato a un decreto-legge: a tal riguardo sarebbe ora che Silvio Berlusconi e i suoi diretti consiglieri capissero che non si può continuare a pensare che Giorgio Napolitano dia il proprio benestare a testi privi di qualsiasi necessità e urgenza, com’era il caso del tentato decreto-legge per incrementare delle poltrone ministeriali e di quest’altro per spostar ministeri. Eppure i leghisti si sono intestarditi, facendo di un’operazione che costa in termini di spesa e di burocrazia (all’anima la lotta agli sprechi!) una sorta di bandiera dietro la quale intruppare l’intera compagine dei propri eletti ed elettori. Dal Pdl sono giunti fin troppi cedimenti, partendo dallo stesso Berlusconi, per sminuire, ridurre, edulcorare, fino a trovare una mediazione su assurdi uffici di rappresentanza decentrati, teoricamente senza aggravi per la finanza pubblica (e chi ci crede?). Per la Lega si tratta di un prezzo politico da far pagare al Cav e al Pdl. Serve a riaffermare il proprio potere di trattativa e d’interdizione. Si tratta, insomma, di un’iniziativa che i leghisti vogliono essere esemplare, ma che, di fatto, è umiliante per chi deve concederla e priva di qualsiasi ragionevole valore.

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